Ci sono stagioni che sembrano spezzarsi in due, non solo nei numeri ma soprattutto nelle sensazioni. La Reggina, al termine della 17ª giornata che ha sancito la chiusura del girone di andata, rappresenta alla perfezione questo scenario: due campionati diversi dentro lo stesso torneo, separati da un cambio in panchina che ha inciso profondamente sull’identità della squadra.
Un girone di andata iniziato tra le difficoltà
La Reggina era partita con un obiettivo chiaro e dichiarato: vincere il campionato. Un’ambizione legittima, figlia del blasone della piazza e di una rosa inizialmente costruita per recitare un ruolo da protagonista nel Girone I di Serie D.
Eppure, nelle prime otto giornate, il cammino amaranto è stato ben lontano dalle aspettative.
All’indomani della sconfitta interna contro la Vigor Lamezia, la squadra allenata da Bruno Trocini occupava il 13° posto in classifica, in piena zona playout, con 8 punti in 8 partite:
2 vittorie, 2 pareggi e 4 sconfitte, 7 gol fatti e 8 subiti.
Numeri che certificavano un avvio complicato e lasciavano emergere criticità evidenti: una condizione atletica approssimativa, poca continuità di rendimento e una squadra che faticava a imporsi anche nei momenti favorevoli delle gare.
La svolta Torrisi e il cambio di passo nel girone
La stagione cambia direzione alla nona giornata, con l’arrivo di Alfio Torrisi. Da quel momento inizia un percorso di ricostruzione che, giornata dopo giornata, restituisce alla Reggina solidità, organizzazione e fiducia.
Alla chiusura del girone di andata, la classifica racconta una storia completamente diversa:
sesto posto con 27 punti, a quattro lunghezze dalla vetta, occupata dal terzetto Nuova Igea Virtus, Savoia e Nissa.
Il bilancio complessivo dopo 17 gare è di 8 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte, con 18 gol segnati e 13 subiti.
Un dato, più di tutti, fotografa il momento: cinque vittorie consecutive nelle ultime cinque giornate, tutte accompagnate da altrettanti clean sheet. Una serie che non solo ha rilanciato la classifica, ma ha restituito alla squadra una precisa identità difensiva e mentale.
Condizione atletica ritrovata, rivoluzione tecnica e un ultimo tassello da aggiungere
Uno dei meriti principali del nuovo corso è il netto miglioramento della condizione atletica, aspetto che nella prima parte della stagione aveva rappresentato un limite evidente. Oggi la Reggina appare intensa, compatta e capace di mantenere ritmo e concentrazione per l’intero arco della gara.
A questo si è affiancata una decisa rivoluzione tecnica: la società ha scelto di rescindere i contratti di diversi giocatori importanti, intervenendo poi sul mercato con profili più adatti alla categoria.
Scelte forti, ma che stanno pagando, perché i nuovi innesti si sono calati perfettamente nella realtà della Serie D, portando agonismo, equilibrio e spirito di sacrificio.
Resta però un aspetto su cui intervenire. È vero che la Reggina è tornata a vincere con continuità, ma lo sta facendo spesso “di corto muso”, con numerose vittorie arrivate per 1-0. Un segnale di solidità, certo, ma anche l’indicazione che per completare definitivamente il salto di qualità servirebbe l’innesto di un centravanti di categoria, capace di aumentare il peso offensivo e trasformare le occasioni in un margine di sicurezza maggiore.
Un girone di ritorno che riaccende le ambizioni
La chiusura del girone di andata consegna una Reggina profondamente diversa rispetto a quella vista a inizio stagione. E soprattutto la colloca dentro un contesto favorevole: il Girone I di Serie D si sta confermando un campionato senza padrone, con continui rallentamenti delle squadre di vertice.
In questo scenario, gli amaranto possono legittimamente tornare a credere nella corsa al primo posto. Il girone di ritorno sarà lungo e complesso, ma la Reggina ha ritrovato sé stessa, identità e continuità. E con qualche ultimo aggiustamento, le ambizioni possono tornare ad essere qualcosa di più di una semplice speranza.





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