Le lezioni non imparate dal calcio italiano

Le esperienze passate e gli errori macroscopici del calcio italiano, evidentemente, non hanno insegnato nulla. Non sono bastate le esclusioni di Turris e Taranto dello scorso anno; oggi esplode il “caso Rimini”, escluso dal campionato di Serie C, che per l’ennesima volta scuote un sistema calcistico ormai ridotto a un vero e proprio buco nero. E tutto questo per quale motivo? Facile: salvare la Sampdoria, travolta da debiti multimilionari.

Le scelte della scorsa stagione e il ruolo della Sampdoria

Lo sanno tutti: per evitare il tracollo dei blucerchiati nella scorsa stagione, si è deciso di far passare Turris, Taranto e, se vogliamo, anche il Foggia, turandosi il naso, coprendosi le orecchie e tappandosi la bocca. Quest’anno, per lo stesso identico motivo, i vertici del calcio italiano hanno chiuso entrambi gli occhi sul Rimini, già in condizioni drammatiche a giugno.

Una storia torbida che parte da lontano

Non serve rivangare troppo il passato, anche se la storia continua a mostrare speculazioni, mancata trasparenza e superficialità. “Ho preso il Rimini per dare a me e alla mia azienda tanta visibilità”, dichiarava Giusy Anna Scarcella, che del club e del calcio sembrava preoccuparsi ben poco, salvo poi eclissarsi dopo aver venduto persino la carta igienica dello stadio. Una vicenda torbida come poche.

Il paradosso: Rimini dentro, Reggina fuori

Eppure il Rimini, tra debiti per almeno cinque milioni, fideiussioni di dubbia provenienza e una lunga serie di criticità, ha iniziato il campionato senza poi essere in grado di portarlo a termine. Intanto la Reggina, con “appena” 750mila euro di debiti, è stata esclusa senza esitazioni. Con quella mossa Felice Saladini – proprietario del club, con il beneplacito di Cardona nel ruolo di presidente – avrebbe potuto scoperchiare molte verità scomode. Ma è stato messo a tacere da un sistema che continua a mostrare storture e disuguaglianze, guidato da figure come Cellino, abituate a fare il bello e il cattivo tempo.

Disparità evidenti: Brescia e Sampdoria salvate

Così, mentre la Reggina cerca di sopravvivere in quarta serie, il Brescia (pur avendo dovuto cambiare denominazione) resta in Serie C, quando avrebbe dovuto ripartire dalla D. La Sampdoria, invece, continua a godere della benevolenza del sistema, nonostante navighi nei bassifondi della B. Una disparità di trattamento evidente.

Una domanda che resta sospesa: cosa fare?

Ribadiamo: la Reggina sarebbe stata facilmente ripescabile al posto di una tra Taranto e Turris, oppure addirittura al posto della Sampdoria già dopo il primo anno in D. Oppure sarebbe stata, oggi, la naturale sostituta del Rimini, se il quadro fosse stato trasparente e legittimo. Che facciamo allora? Allarghiamo le braccia? Facciamo finta di nulla? Accettiamo in silenzio? Ci prostriamo ai piedi della FIGC, che minaccia multe salate solo perché la Curva continua a esporre una pezza poco forbita ma efficace su Gravina?

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