L’esordio del nuovo corso amaranto in Coppa Italia doveva rappresentare una scintilla, un segnale di inversione di tendenza dopo settimane di crisi.
Invece, la Reggina è crollata di nuovo, travolta in casa da una Nocerina che, pur senza fare nulla di straordinario, ha saputo interpretare la partita con ordine, pazienza e concretezza.
La sensazione è che il problema non sia più solo tattico: questa squadra è svuotata dentro, priva di certezze, senza ritmo né convinzione. (Leggi la cronaca della partita QUI)
Il nuovo modulo: un 4-2-3-1 solo sulla carta
Polito ha provato a cambiare volto alla Reggina, passando al 4-2-3-1 con Mungo e Salandria davanti alla difesa e Grillo, Correnti e Palumbo a supporto del falso nueve Edera.
Nelle intenzioni, un sistema pensato per garantire più equilibrio e sfruttare la qualità tra le linee.
Nella realtà, si è vista una squadra spaccata in due, con un centrocampo costantemente in ritardo e un reparto offensivo isolato dal resto della manovra.
Salandria e Mungo, chiamati a dare filtro e costruzione, non sono mai riusciti a gestire i tempi di gioco. Il primo ha perso palloni sanguinosi — uno dei quali è costato il secondo gol —, mentre il secondo si è limitato a un possesso palla sterile e prevedibile.
Senza linee di passaggio pulite e senza movimenti coordinati, il baricentro amaranto si è progressivamente abbassato, favorendo la Nocerina, che ha potuto attaccare con spazi ampi e tempi comodi.
Falsi nove e confusione offensiva
Il problema più evidente resta l’attacco.
Con Edera schierato da punta centrale, la Reggina ha giocato di fatto senza un vero riferimento offensivo.
Le mezzepunte (Grillo, Correnti, Palumbo) non hanno mai accorciato con continuità, lasciando l’area deserta.
L’infortunio di Edera ha poi costretto Di Grazia a improvvisarsi centravanti, ma la mancanza di intesa e di sincronismi offensivi ha reso tutto inefficace.
Nelle rare volte in cui la Reggina è riuscita ad arrivare sul fondo, i cross sono stati sistematicamente preda della difesa avversaria.
Un dato che fotografa bene il problema: fino al 75° non si è visto un solo tiro nello specchio della porta.
Un’enormità, se si considera la qualità nominale del reparto offensivo.
Una Nocerina semplice e lucida
Dall’altra parte, la Nocerina ha mostrato tutto ciò che oggi manca alla Reggina: ordine, intensità e idee chiare.
Ha difeso bassa e compatta, sfruttando gli errori amaranto per ripartire con cinismo.
Ha colpito quando serviva: prima su palla persa a centrocampo, poi con un calcio piazzato magistrale di Giannone e infine con un’azione di pura concretezza.
Tre gol figli di concentrazione e pragmatismo, elementi che oggi sembrano estranei al DNA amaranto.
Fragilità mentale e mancanza di leadership
Al di là dei numeri, ciò che preoccupa è l’aspetto mentale.
Ogni errore genera paura, ogni svantaggio diventa una montagna.
La squadra non reagisce, non comunica, non ha un leader in grado di scuoterla.
L’ingresso di Barillà e Chirico ha portato un minimo di personalità, ma non è bastato.
Persino il rigore nel recupero, sbagliato e poi corretto in tap-in, racconta una squadra insicura e disordinata, che vive le partite più come un peso che come un’occasione.
Uno scenario preoccupante
L’arrivo di Torrisi serve per cercare di invertire la rotta.
Il 4-2-3-1 potrebbe funzionare, ma solo con interpreti adatti e una mentalità nuova.
Servirà tempo, ma soprattutto servirà un cambio culturale profondo: tornare a giocare con coraggio, compattezza e spirito di squadra.
Oggi, la Reggina sembra solo un insieme di maglie amaranto senza un’anima comune.
Il pubblico del Granillo, disilluso sembra ormai rassegnato.
E se non arriverà presto una scossa, questa stagione rischia di diventare un incubo senza risveglio.






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