“A megghiu è chidda chi non n’esci!”
di Genovese Rocco
Sui profili social della Reggina 1914 la partita con la Gelbison era stata presentata prendendo in prestito il verso di una canzone di Ligabue, visto che l’opportunità del ritorno ad una gara in orario serale aveva portato ad un facile accostamento; col senno di poi, sarebbe stato meglio fare una scelta musicale diversa, visto che da “Certe notti” siamo passati a “Ho perso le parole” (insieme alla partita, alla voce, alla faccia ed alla pazienza).

Il primo anno siamo partiti in ritardo, abbiamo chiuso la rosa solo a fine settembre riempiendola di svincolati, giocavamo ogni 3 giorni e c’era il Trapani. Il secondo anno siamo partiti con un altro allenatore (che aveva tanti difetti, ma se non altro ci aveva messo ben 6 giornate per finire a 6 punti dalla vetta, mentre ora…) e la squadra era stata costruita secondo le idee di quest’ultimo, e poi c’era il Siracusa, e c’erano gli avversari del Siracusa che si scansavano, e bla bla bla.

Quest’anno, invece, si è partiti con le idee chiare fin da subito, salutando i calciatori che non erano funzionali al progetto e seguendo le indicazioni del tecnico, lavorando sottotraccia e con la chiara intenzione di dominare il campionato. E con la marmotta che confeziona la cioccolata.

Chi oggi sta zitto aveva tutt’altra favella il 18 luglio scorso (apri l’articolo qui sotto)
quando pontificava in una presunta “conferenza stampa” anche in virtù della mancata attitudine di parecchi presenti di pungolare l’intervistato ed incalzarlo con le famose “seconde domande” (per dire, poche ore dopo sarebbe scaduto il termine per presentare domanda di ripescaggio, ma nessuno dei presenti ci aveva fatto caso: ad esempio, era più importante focalizzarsi sull’illuminazione del Centro Sportivo e sottolineare il ritorno di Pellicanò, che infatti non ha giocato nemmeno un minuto fino ad ora).
Beninteso, anche io credevo e speravo che quest’anno la rosa fosse la migliore di tutte e potesse realmente trionfare, e non voglio ancora pensare di essermi sbagliato, ma non sarebbe la prima volta che costruire una squadra con una collezione di figurine porti ad una collezione di figuracce, come quella di ieri sera, con buona pace di chi ha ritenuto “salutare” la sconfitta di Favara.
Per vincere il campionato di serie D i calciatori di “categoria superiore” sono delle succose ciliegine, ma andrebbero poste su una torta composta da elementi abili a calarsi nella mentalità della serie D, che conoscano a fondo la serie D e cosa serve per vincere, ed anche gli addetti ai lavori dovrebbero adottare la giusta mentalità: fino a quando riterremo un atto dovuto vincere “perché ci chiamiamo Reggina” e mostreremo tutta la nostra spocchia perché dobbiamo confrontarci con squadre che rappresentano paesini di 8-10 mila abitanti (che io ricordi, si gioca sempre 11 contro 11 e tra Davide e Golia vinse quello più piccolo e meno blasonato) non andremo tanto lontano.
Che poi la Gelbison non è neanche l’ultima arrivata: a parte il fatto che il suo presidente ha una catena di supermercati e non è proprio uno sprovveduto, si tratta di una società che sa come si vince il campionato di serie D, perché ci è riuscita 3 anni fa (e che la stagione successiva è arrivata a tanto così dalla salvezza, se il nostro Nino Ragusa non ci avesse messo lo zampino a 7 minuti dalla fine di un playout che, nei fatti, è servito solo ad allungare l’agonia dell’ACR Messina) e che nella scorsa stagione ha lottato a lungo per la conquista del girone G, prima di cedere il passo al Guidonia.
Può (ma non dovrebbe) capitare di soccombere contro un avversario del genere, ma un conto è perdere 1-0 al primo tiro subito e dopo aver sbattuto contro un portiere in vena di miracoli, un altro è beccare 3 reti a casa tua, con la difesa schierata e (soprattutto) dopo aver raddrizzato la contesa già al decimo della ripresa (mentre la Curva si sta scatenando contro il patron: mi sa che non è sempre vero che una squadra si accende solo quando viene sostenuta).

Ieri sera non abbiamo perso per colpa di Peppe Spalla ed Emanuele Lubrano ma perché la Reggina ha qualche vizio che “non vuole smettere, smettere mai” (ad esempio, ostinati a marcare a zona sui calci d’angolo, e stai sicuro che il tuo avversario proverà a punirti con uno schema pensato per liberare al tiro un giocatore marcato da nessuno), e chissà se c’è ancora tempo per porvi rimedio.
Avremmo dovuto mangiarci gli avversari, invece ieri sera ci siamo divorati il fegato, sebbene senza fave e Chianti. La contestazione alla dirigenza è stata dura, e sembra quasi che il patron sia diventato HanniBal L..arino, però si sa che nella vita contano i risultati e le parole se le porta via il vento, soprattutto se c’è chi ha scelto di seminare quel vento ed ora raccoglie la tempesta, e neppure si manifesta se viene ripetutamente invitato a presentarsi sotto la Curva.
Speriamo in tempi migliori…







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