Doveva essere la conferenza della chiarezza. Doveva esserlo nei contenuti, nei toni, nel messaggio alla piazza. Invece, quella andata in scena oggi al Centro Sportivo Sant’Agata, con il patron Antonino Ballarino e il direttore generale Giuseppe Praticò, è sembrata più un lungo tentativo di autodifesa.
Molte parole, qualche apertura, tanti silenzi strategici e una visione ancora poco convincente per una città che continua a oscillare tra delusione e aspettative.
Un’azienda, non una squadra
Il primo dato che colpisce è l’insistenza – quasi ossessiva – con cui Ballarino ha voluto ribadire che la Reggina è un’azienda, e come tale va gestita. Un’azienda “sana”, che “non vuole riservare brutte sorprese”, che “paga tutto”, che “non ha vertenze”, che ha “lo stesso personale da tre anni”.
Tutti concetti veri, e forse anche rari nel panorama della Serie D. Ma alla base di una passione come quella per la Reggina, non basta la sostenibilità per accendere un sogno. E soprattutto, parlare di “azienda” in modo così freddo in una piazza che vive di calcio viscerale rischia di raffreddare ancora di più una tifoseria già tiepida.
La squadra c’è, ma ……
Dal punto di vista tecnico, Praticò e Ballarino rivendicano un mercato ragionato e la volontà di rinforzare lo “zoccolo duro” che ha raccolto 81 punti nell’ultima stagione. Vengono citati Barillà, Porcino, Laaribi, Girasole, e altri elementi confermati.
Si annunciano due innesti “importanti per la categoria”, l’arrivo di Pellicanò dalla Fiorentina tra gli Under, e si preannuncia il ritorno di Postorino, talento locale.
Fin qui, nulla da eccepire. Ma a colpire è l’assoluto silenzio sulle partenze. Tanti giocatori chiave sono già andati via, ma la conferenza li ignora. Un vuoto narrativo che stona con la voglia dichiarata di “trasparenza” e lascia il sospetto che la realtà sia più complessa di quanto raccontato.
Comunicazione assente, poi difensiva
Ballarino ammette che c’è stata “mancanza di comunicazione” e Praticò rilancia: “Abbiamo preferito lavorare in silenzio”. È vero: la Reggina ha taciuto per settimane, anche quando le voci e le polemiche montavano. Oggi si prova a ricucire, ma il tono resta più accusatorio che inclusivo.
Il patron parla di “insulti personali”, critica chi “vuole distruggere” e invita tutti – stampa, politica, tifosi – a “fare il proprio ruolo”.
C’è l’appello all’unità, ma sembra più un atto d’accusa. Più che un ponte, pare un muro mascherato da invito al dialogo.
Ripescaggio, una ferita aperta (e un’occasione persa)
Sul tema del ripescaggio in Serie C, la Reggina rivendica di essere pronta. Fidejussioni pronte, domande fatte, un club sano. Ma anche qui manca il coraggio. Nessun atto formale, nessuna presa di posizione pubblica. Solo dichiarazioni a posteriori. Si sarebbe potuto – e dovuto – fare di più. E adesso è tardi.
Obiettivi ambiziosi, ma tutto da dimostrare
L’obiettivo? Ballarino lo dice senza giri di parole:
“Quest’anno bisogna vincere. E tra due anni vogliamo essere in Serie B.”
Sogni legittimi. Ma a fronte di queste parole, la realtà logistica, tecnica ed emotiva sembra ancora tutta da sistemare. La Reggina ha dalla sua una base solida, ma anche un ambiente raffreddato, una comunicazione inefficace, una tensione interna ancora non superata.
L’ossessione per la promozione diretta, poi, fa temere che l’ansia possa tornare a giocare un brutto scherzo, come già successo nella scorsa stagione. Ballarino stesso chiede al gruppo di “non farsi prendere dalla frenesia”, ma è chiaro che un altro fallimento non sarà tollerato.
Progetti, investimenti e territorio
Ci sono anche buone notizie. La società ribadisce il progetto da quattro milioni per il restyling del Sant’Agata, l’intenzione di farne un polo sportivo e sociale, con tanto di campi illuminati e spazi formativi. Un’idea ambiziosa, che però – ancora – dipende da un bando non ancora pubblicato.
Viene rilanciata anche l’attenzione per il brand, con nuovi investimenti previsti nell’area comunicazione. Ma le parole d’ordine restano: prudenza, cautela, sostenibilità. Tutti concetti giusti… ma che sembrano parlare a un CDA, non a una curva sud.
Conclusione: parole che lasciano non poche perplessità
Alla fine della conferenza stampa, il sentimento che resta è un misto di perplessità e incompiutezza. La società parla, si espone, ma non conquista. Cerca rispetto, ma non costruisce fiducia.
Parla di “azienda”, ma non sembra ancora una squadra.
La Reggina oggi è viva, ha una base, ha strutture, ha alcuni giocatori importanti. Ma per tornare davvero tra i professionisti non bastano le buone intenzioni e le lamentele. Servono visione, coraggio e capacità di includere una città che – oggi più che mai – chiede fatti e non dichiarazioni.






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