Un’interessante inchiesta della testata nazionale fa luce sulla consistenza economica del Presidente del Trapani
Occhi puntati sul Trapani. Prima di tutto perché Andrea Mussi potrebbe tornare a dirigere il settore tecnico granata a distanza di pochi mesi dall’ultimo incarico. Il Direttore Sportivo – lo ricordiamo per dovere di cronaca – era stato “silurato” ai primi di dicembre a causa di qualche divergenza con il “padre padrone” Valerio Antonini. Bisogna comunque dire che il teatrale presidente granata non è nuovo a queste sparate d’un certo effetto. Basti guardare la rosa granata per rendersi conto che nel calcio i soldi servono a tanto (senza dubbio) ma a condizione che si sappiano spendere. A parte la girandola di allenatori che si stanno succedendo a velocità assurde (da Salvatore Aronica durato 99 giorni a Eziolino Capuano mandato via dopo soltanto 47 giorni, da Vincenzo Torrente durato 59 giorni al ritorno di Aronica da soltanto tre giorni) la squadra stazione nel limbo della 13ma posizione (32 punti raggranellati fino al momento) a 6 lunghezze di distanza dal 10mo posto occupato dalla Juventus Under 23 (ultimo posto disponibile per partecipare ai playoff).
La notizia, però, diventa una “quisquiglia” se raffrontata con quanto ha scoperto “La Repubblica” sul conto di Valerio Antonini. Secondo l’autorevole testata nazionale, infatti, il Presidente di Trapani Calcio e Trapani Basket, starebbe progettandola realizzazione di una “colossale” cittadella sportiva con tanto di stadio, palazzetto e centro commerciale con una spesa superiore di 100 milioni di euro. La domanda sorge spontanea: da dove arrivano questi danari? Fino allo scorso anno – come riporta La Repubblica – la “cassaforte” di Antonini sarebbe stata la Quanton Commodities, specializzata nel commercio di granaglie. A marzo del 2024 questo colosso venne venduto con la nuova denominazione di Kalash in seguito fallito e finito in liquidazione con un’esposizione di circa 180 milioni di euro. Da sottolineare che tra i vari creditori figura la russa GTCS Trading DMCC, che vanterebbe un credito di ben 109 milioni. Tra l’altro Wall Street Journal ha identificato la società russa come “l’attrice principale di una rete sospettata di trafugare proprio grano ucraino, rubato e dirottato verso paesi come Iran, Iraq e Siria”. Chi vivrà vedrà.
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