Che dire? L’unica parola che mi viene in mente è “peccato”. Peccato per l’occasione persa, per il contesto, per quello che avremmo voluto che fosse ma che non è stato. Vedere il Granillo pieno, la Curva Sud come sempre commovente, piena di entusiasmo, di attaccamento e di grande amore verso questi colori, è stato a dir poco bellissimo. E quel primo tempo da definire “quasi” perfetto? Certo, con i “ma” e con i “se” non si vincono le guerre “ma se” l’arbitro genovese avesse deciso diversamente nell’occasione del gol annullato per un millimetrico (ed ipotetico) fuori gioco (di chi poi, visto che Renelus non ha neppure sfiorato la sfera?) staremmo qui a parlare di tutt’altro. Ma tant’è, nonostante il gol di Mimmo Girasole che avrebbe potuto tramortire un toro e nonostante una prima parte dell’incontro dove la Reggina col 4-1-4-1 (con Renelus e Rgausa in linea con Porcino e Salandria) avrebbe potuto segnare almeno tre gol con Iovino che ha tirato giù la saracinesca.

Nella ripresa la “metamorfosi” con il Siracusa che ha preso il coraggio a quattro mani costringendo alla resa l’avversario. La partita, ad onor del vero, l’ha vinta Turati, tecnico degli aretusei che, indietreggiando Maggio ed avanzando Russotto sui sedici metri, ha tolto punti di riferimento alla difesa amaranto che ha – tra l’altro – subito il contraccolpo a causa dell’avanzamento di una quindicina di metri del raggio d’azione di Candiano e Palermo tanto da avere il totale possesso del centrocampo e la schiacciante superiorità numerica nella zona nevralgica del campo dove Alma e Di Grazia hanno sempre avuto la meglio sui portatori di palla amaranto.

Da quel momento in avanti, gli uomini di Trocini, infatti, non sono riusciti più a conquistare una seconda palla (che sia una) e i due gol di Sush – che non aveva mai segnato in campionato – non sono altro che una logica conseguenza del nuovo assetto tattico predisposto dal tecnico azzurro sottolineando, però, che entrambe le segnature sono arrivate da palle inattive col secondo che, per giunta, è passato tra una selva di gambe sia amiche che avverse (un po’ di fortuna neanche a parlarne).

Già, un po’ di fortuna: fosse entrato questo pallone, sarebbe venuto giù il Granillo…

È tutto perso? I sei punti di vantaggio del Siracusa sulla Reggina sono davvero tanti a undici gare dalla fine del campionato. Va da sé, però, che la compagine amaranto ha il dovere di non mollare. Abbiamo tanti esempi di clamorosi recuperi per cui guai a mollare la presa, a piangersi addosso, a lasciare qualcosa d’intentato. In altre parole, Barillà e compagni, da qui alla fine del campionato, hanno l’obbligo di vincerle tutte senza “se” e senza “ma”, senza mai voltarsi indietro, senza guardare avanti e – soprattutto – senza paura e scoramenti vari. Parola d’ordine: vincere in qualsiasi modo e con ogni mezzo ricordandosi di essere in Serie D e di giocare sporco come fanno le altre, Siracusa compreso (Maggio ne ha combinate di ogni ma ha beccato solo un giallo e perdendo almeno tre minuti in occasione della sostituzione così come ha puntualmente fatto Alma), per non parlare del portiere che si tuffava a pesce rimanendo a terra indisturbato col pallone tra le braccia per interminabili secondi. Questa è la Serie D laddove essere “Signori” ed “eticamente sportivi” serve a pochissimo.

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