Reggina, la sconfitta con la Scafatese deve suonare come un campanello d’allarme: il tecnico deve cambiare “registro”

No, così non va; non può andare. Quella maturata al Granillo è una sconfitta che suona come un campanello d’allarme acuto e stridulo. Una caduta che, ad ogni modo, fa il paio con l’anonima prestazione del D’Alcontres di Barcellona Pozzo di Gotto dove la Reggina ha avuto la meglio sulla Nuova Igea grazie ad un rigore trasformato da Ragusa solo nei minuti finali. Ieri, al cospetto della Scafatese, guidata magistralmente da Mister Fabiano e composta da elementi di categoria che sanno trattare la palla senza troppi fronzoli ma badando unicamente al sodo, la squadra di Pergolizzi ci ha “lasciato le penne” anche – e soprattutto – per colpe dell’allenatore che non ha saputo leggere la partita nella sua interezza a cominciare dalla formazione scesa in campo, dall’atteggiamento tenuto dalla squadra sul rettangolo di gioco, e – dulcis in fundu – dal tema tattico proposto e utilizzato dal tecnico palermitano. Ma andiamo per gradi.

Domenica scorsa un nostro collaboratore era a Scafati per assistere a Scafatese-Acireale dove i canarini, pur vincendo con un quattro a zero, nella prima parte della gara hanno sofferto la velocità ed il gioco avvolgente sulle fasce degli acesi. Questa velocità da parte della Reggina non si è vista né contro l’Igea né contro la Scafatese così come non si è intravisto il gioco avvolgente prodotto dagli esterni. Basti dire che sulla destra sono stati schierati due under (Mariano e Vesprini) che non hanno avuto neppure una possibilità di “scendere” una volta – che fosse una – sulla fascia in quanto presieduta regolarmente da Esposito e da Santarpia bravi ad alzare una vera e propria diga lungo quella fascia di loro competenza. Ergo, con un affollamento così, i due ragazzi (che non si sono certamente risparmiati) hanno potuto fare ben poco. Sulla sinistra qualche discesa di Porcino si è scorta ma Di Paola e Vacca sono stati due clienti scomodissimi. Eppoi l’ABC del calcio impone una velocità d’esecuzione non indifferente per preparare l’azione offensiva lungo gli esterni, cosa che in queste due prime uscite è stata merce pressoché rara. Il 3-5-2 utilizzato da Pergolizzi con Dall’Oglio, Ba e Barillà e l’aggiunta dei due braccetti troppo vicini ai due esterni di centrocampo, ha prodotto nient’altro che confusione e quei tocchetti inutili e leziosi nel tentativo di aggirare la mediana avversaria, perdendo regolarmente i preziosi tempi di gioco. In queste situazioni (e contro il 4-3-3 ospite), Pergolizzi avrebbe dovuto prendere provvedimenti già alla fine della prima frazione di gioco ma, purtroppo gente come Provazza – abile a saltare l’uomo – era in tribuna e Renelus – altro elemento valido nell’uno contro uno – era in panchina. Pergolizzi, insomma, è andato in confusione intestardendosi con un assetto tattico tutt’altro che veloce e manovriero. E, per via dello smarrimento che ha visibilmente attanagliato l’allenatore, anche il centrocampo e l’attacco hanno dovuto pagare dazio tanto che Ragusa e Barranco troppo spesso e (mal) volentieri sono stati costretti a giocare spalle alla porta o scendere invano sulla trequarti per conquistare palloni giocabili con il rischio fattibile di creare maggiore disorientamento. Il tema tattico proposto dal tecnico amaranto è risultato prevedibile, statico, molle e senza sbocchi fin dalle prime battute; se poi si aggiunge la forma non smagliante sia di Dall’Oglio che di Barillà (anche se ieri hanno lottato come leoni), la frittata è servita. E, per ultimo e ove sia possibile, vorremmo sapere i motivi per cui i vari Laaribi, Cham, Girasole, Ingegneri e – soprattutto – Giuliodori siano usciti improvvisamente dai radar di Pergolizzi perché (s’è vero quel ch’è vero), i succitati calciatori non sfigurerebbero rispetto a “taluni” che hanno fatto poco e male sino al momento. Nella fattispecie, ieri, un metronomo come Laaribi davanti alla difesa (al posto di Dall’Oglio per intenderci) avrebbe disegnato geometrie, alzato i ritmi e dispensato palloni giocabili come da par suo. E, tra l’altro, avrebbe sottratto ad un tipo come Adejo (che non ha certamente i piedi vellutati) di creare in modo lezioso e lento quelle che oggi si chiamano “azioni dal basso”.

Abbiamo fatto questa disamina avendo la consapevolezza di non essere certamente allenatori ma di “sapere qualcosa” di calcio. E questa nostra conoscenza ci spinge a sostenere che gli esperimenti si fanno durante il ritiro estivo e non certamente contro una squadra, la Scafatese, che la Reggina avrebbe dovuto battere per dare una svolta decisiva e lanciando un messaggio forte (che più forte non si può) al campionato. Ciò non di meno i tifosi devono continuare a sostenere questa squadra che rappresenta Reggio Calabria nel mondo del calcio e dello sport in generale. L’abbiamo scritto ieri e lo ribadiamo anche oggi: non è successo niente (o quasi) e, grazie all’amore ed alla passione dei tifosi, grazie alla determinazione ed al cuore che i giocatori getteranno oltre l’ostacolo, grazie alla ritrovata avvedutezza dell’allenatore nel trasformare (finalmente) il 3-5-2 in un altro assetto tattico (che so, il 4-4-2 rispetto al 4-1-3-2) ci sarà modo e maniera affinché gli amaranto possano riprendere la marcia più forti di prima







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