Revocata l’omologa, la Corte d’Appello demanda al Tribunale Fallimentare l’apertura della liquidazione giudiziale. E ci sarebbe di più…

Tanto tuonò che piovve sulla Reggina 1914: dopo ben due rinvii ed una “decisione rinviata” di quattro giorni (due lavorativi) ecco infatti l’attesa Sentenza della Corte d’Appello che, de facto rimanda il “faldone” al Tribunale Fallimentare che aprirà la procedura di fallimento (alias liquidazione giudiziale) a carico della società di Saladini e Cardona (e prima ancora di Gallo). Questo significa, in parole povere, che la società amaranto è stata dichiarata morta e sepolta in quanto decaduta l’omologa richiesta a suo tempo dall’ormai ex Patron Felice Saladini riguardante gli accordi di ristrutturazione e le transazioni sui crediti tributari e contributivi (che a quanto pare) sono nel frattempo saliti fino a sfondare i 27 milioni di euro. Il piano per salvare il club avrebbe previsto ricavi derivanti da sponsorizzazioni, diritti televisivi e contributi della Lega Nazionale, contributi Figc, vendita di biglietti al botteghino nonché cessione di giocatori delle giovanili eccetera. Decadendo la partecipazione al campionato di Serie B, il piano economico finanziario è quindi divenuto insostenibile, non essendo più plausibili le previsioni circa le entrate e gli incassi attesi. Secondo Strettoweb – tra l’altro – Felice Saladini avrebbe utilizzato Titoli di Stato falsi per garantire gli impegni economici nell’omologa. Il giornale online di Reggio Calabria cita quanto espresso dal documento emanato dalla Corte d’Appello: “Il Commissario giudiziale ha riscontrato una difformità tra il codice ISIN riportato nella relazione integrativa dell’attestatore e il codice ISIN riportato nella dichiarazione di veridicità a firma del notaio, dott. Becchetti; il quale ha negato di avere mai sottoscritto la dichiarazione predetta”. Tale reato prevede una pena edittale fino a 2 anni. Insomma guai su guai per Saladini che, molto concretamente, non rischia il carcere







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