Nessuno obbliga nessuno a seguire la “Nuova Reggina” colpita da molteplici problemi tra cui i frequenti infortuni

Subire infortuni su terreni di gioco dove – al massimo – si possono piantare patate, è ancor più facile che bere un bicchier d’acqua fresca tutto d’un sorso. Se poi a questa argomentazione si deve necessariamente aggiungere una preparazione estiva non effettuata per le note vicende legate alla Reggina 1914 (depauperata, defraudata, sfruttata, calpestata e infine annientata da avventurieri senza scrupoli) ed il fatto che la neonata LFA Reggio Calabria (che noi continueremo imperterriti a chiamarli “Nuova Reggina”) abbia dovuto giocare ogni tre giorni per tutto il mese di ottobre per recuperare (tout court) il terreno perduto, il dato è ancor più completo. Finora hanno subito incidenti più o meno gravi i vari Rosseti (una giornata dopo l’esordio), Cham, Zanchi, Aquino, Parodi e, per ultimo, Dervishi per il quale si parla di frattura della caviglia se non addirittura qualcosa di più importante. Tempi di recupero? Impossibile stabilirlo. Fatto sta che Bruno Trocini, allenatore preparato e abituato a questa categoria, non ha mai potuto schierare un “undici fisso” ed impostare – quindi – un “modulo tattico” altrettanto stabile salvo cambiarlo continuamente a seconda delle “caratteristiche” dei subentranti. Anche questo, ovviamente, incide (ed ha inciso) fortemente nel rendimento generale della squadra costretta a rielaborazioni troppo frequenti e repentini oltre a dei tour de force improbabili e ben congeniati per dare addosso a quel ch’è rimasto della Reggina. Ma tant’è e bisogna prenderne atto.
“Cosa” che non fa quella parte di tifoseria (siamo sicuri che si tratti di veri tifosi?) che ha sposato fedelmente “l’impegno” di criticare a prescindere solo per motivi di parte e spesso politici (come se a Reggio Calabria esistesse una classe politica delineata e strutturata come Cristo comanda). Oppure per quella frangia di adepti di “non so chi” che ha fatto allettanti “promesse ” a destra e manca solo ed esclusivamente per interessi politici (non riusciamo a individuare altri scopi, sinceramente).
È vero: il Sindaco (facente funzioni) Brunetti si è reso complice di una scelta nata da chissà quali aspettative ma ormai quella valutazione è acqua passata, roba stantia e storia trita e ritrita che non ha più bisogno di essere “smucinata” – come direbbero nel Lazio – raccomandando di non “smuovere oltre la cacca!” Certo, la verità sta sempre nel mezzo ma se la Nuova Reggina è lì – lontana anni luce dalla vetta – non è certamente colpa del Presidente Virgilio Minniti, del DG Antonino Ballarino, del DT Pippo Bonanno e del DS Maurizio Pellegrino oppure della Famiglia Praticò, da sempre sinonimo di Reggina.
O, comunque, non soltanto: il lento declino (o se vogliamo il “flop”) di questa compagine risponde ad un nome ed un cognome che è quello di Felice Saladini reo di aver lasciato volutamente in braghe di tela l’intero popolo amaranto sparso nei quattro angoli della terra.
Ah! Un’ultima considerazione: a chi non va bene questa categoria, questa società e questa squadra c’è sempre il San Siro, il Dall’Ara, l’Olimpico e, per i più sfigati, il Ceravolo, il San Filippo oppure (per quelli più sventurati) il San Vito Marulla…






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