Questa mattina il terzino destro della LFA Reggio Calabria, Kristian Dervishi – uscito al minuto 34 durante la gara con la Vibonese – ha effettuato controlli strumentali che hanno evidenziato un piccolo distacco osseo parcellare dell’astragalo caviglia destra.
Fonte: LFA Reggio Calabria

ANDIAMO A CAPIRE MEGLIO DI COSA SI TRATTA
Cenni di anatomia: cos’è l’astragalo – L’astragalo piede (detto anche talo o talus) è un osso importante per l’articolazione della caviglia. E’ di piccole dimensioni e di forma gibbosa (simile al guscio di una tartaruga), localizzato tra il calcagno (l’osso del tallone) e le due ossa della parte inferiore della gamba (tibia e perone che poggiano sull’astragalo) e suddiviso in tre porzioni (testa, collo e corpo).
Rappresenta un importante connettore tra piede, gambe e resto del corpo: costituisce l’articolazione della caviglia insieme a tibia e perone, quindi risulta essenziale per garantire al corpo stabilità, equilibrio e postura corretta.
L’astragalo è l’unico segmento dello scheletro rivestito quasi completamente da cartilagine articolare ed è anche l’unico osso del sistema locomotore sprovvisto di inserzioni muscolari. Ha una vascolarizzazione molto precaria che può facilmente danneggiarsi (necrosi) a seguito di una frattura.
Frattura astragalo: classificazione e tipologie – Secondo il criterio anatomico, la classificazione medica suddivide le fratture astragalo in 4 tipi:
– Tipo 1, composte o microfrattura, difficili da individuare con una semplice radiografia, con una possibilità di necrosi avascolare del 10%;
– Tipo 2, scomposte, più gravi delle precedenti, che si manifestano con lussazione o sublussazione della sotto astragalica e rottura dei vasi del collo. La possibilità di necrosi sale al 30%;
– Tipo 3, fratture del collo con lussazione e sublussazione del corpo dell’astragalo, della sottostragalica e delle tibiotarsica. La possibilità di necrosi avascolare sale al 50% e, per il 25%, questo tipo di lesioni sono esposte;
– Tipo 4, frattura del collo con lussazione del corpo della sottoastragalica e tibiotarsica, associata a sublussazione o lussazione dell’astragaloscafoidea.
Si distinguono anche frattura astragalo periferica e quella del corpo, collo e testa.
Le fratture periferiche in distorsione determinano piccoli distacchi e, di solito, la prognosi è buona: guariscono con un trattamento conservativo ovvero con l’utilizzo di un tutore o di un gesso. Quelle del corpo, collo e testa sono più gravi. Le fratture del processo laterale, che avvengono in eversione, sono talvolta da trattare con intervento chirurgico di osteosintesi se il frammento ha una certa dimensione oppure è scomposto.
Sintomi – La sintomatologia varia a seconda della gravità della frattura astragalo.
Quella di tipo periferico si manifesta come un classico trauma distorsivo.
Le fratture del corpo, testa e collo conseguenti a traumi ad alta energia presentano sintomi peggiori:
– Dolore lancinante sulla zona compromessa dal trauma;
– Impotenza funzionale;
– Gonfiore importante;
– Estrema sensibilità della parte colpita:
– Edema o ecchimosi.
Cause – In gran parte dei casi, la frattura dell’astragalo è il risultato di:
– Traumi ad alta energia dovuti ad incidenti stradali o motociclistici, cadute dall’alto,distorsione di caviglia, ecc.;
– Traumi sportivi (snowboard che richiede l’uso di uno stivale morbido e poco protettivo, motociclismo ed altri sport estremi in cui si rischiano impatti violenti a carico del piede);
– Dorsiflessione forzata del piede che spinge il collo dell’astragalo a pigiare contro la tibia in modo violento ed anomalo rompendosi per effetto dell’urto.
Considerando che una frattura del genere può essere dovuta ad un’attività sportiva ma anche ad un infortunio accidentale, tutti possono esserne soggetti, non solo sportivi ma anche bambini ed anziani.
Si stima, comunque, che gran parte degli infortunati siano soggetti di sesso maschile sotto i 30 anni di età e che il 40% di questo tipo di frattura sia esposta.
Complicanze – Una lesione di questo tipo, soprattutto se viene curata in modo errato, può portare alle seguenti complicazioni:
– osteonecrosi (o necrosi avascolare), interruzione dell’apporto di sangue al tessuto osseo che causa tante micro-rotture fino al collasso finale;
– infezioni;
– condropatia;
– artrosi precoce e molto dolorosa (con conseguente rigidità della caviglia);
– pseudoartrosi (mancata consolidazione della frattura) o mal consolidazione ossea;
– alterazione della postura che, col tempo, potrebbe incidere negativamente sulla colonna vertebrale;
– funzionalità del piede menomata con sviluppo di artrite e dolore cronico.
Diagnosi – Dopo la visita, l’esame obiettivo e l’anamnesi, il medico ortopedico prescriverà:
– Radiografia standard del piede e della caviglia;
– TAC per localizzare con esattezza il punto della lesione, verificare il tipo di frattura e l’eventuale spostamento dei frammenti;
– Un test per controllare la funzionalità nervosa per scongiurare eventuali danni ai nervi;
– Scintigrafia ossea e/o Risonanza Magnetica Nucleare per diagnosticare un’eventuale necrosi (che, in genere, compare nei primi 2-3 mesi dall’evento traumatico).
Cure e trattamenti – Come abbiamo accennato, una frattura dell’astragalo periferica dovuta a traumi distorsivi comporta piccoli distacchi parcellari: hanno, in genere, una prognosi buona e guariscono regolarmente grazie a trattamenti conservativi che consistono nell’utilizzo di un tutore o di un gambaletto in gesso o vetroresina da indossare per almeno 3 mesi evitando assolutamente di caricare sul piede colpito da frattura.
In caso di frattura astragalo scomposta o quando il frammento è di notevoli dimensioni, si ricorre all’intervento chirurgico di osteosintesi che consiste in un’accurata riduzione della frattura e successiva fissazione con viti in metallo o fili di Kirschner.
Dopo l’intervento, in assenza di complicanze necrotiche, si prevedono tempi di recupero di 2 mesi, trascorsi i quali si potrà intraprendere un percorso di fisioterapia e riabilitazione, consigliato anche dopo le necessarie cure di una frattura composta.
Una volta guarito, il piede verrà sottoposto nuovamente a radiografia o risonanza magnetica per verificare il ripristino del corretto flusso sanguigno.
Se la cartilagine dovesse subire danni, sarà necessario l’utilizzo di ortesi piede/caviglia, innesti ossei oppure l’utilizzo di una protesi della caviglia.
Fisioterapia e riabilitazione – Dopo una terapia conservativa o l’intervento di osteosintesi, rispettando i tempi di guarigione, recupero e controllo, il trattamento fisioterapico e la riabilitazione motoria sono fondamentali per non rischiare complicanze e ripristinare sia il corretto movimento di piede e caviglia sia la postura.
L’esame Baropodometrico computerizzato rivela la condizione posturale del soggetto trattato e previene eventuali conseguenze associate ad una postura scorretta.
Il percorso fisioterapico e riabilitativo comprende:
– Una serie di esercizi mirati a prevenire rigidità muscolare, recuperare il movimento articolare, la propriocettività e la forza muscolare;
– Tecarterapia che interviene efficacemente sull’infiammazione e favorisce la riparazione dei tessuti compromessi dal trauma;
– Laser Yag, un metodo di Laserterapia ad Alta Potenza che interviene per risolvere dolore e infiammazione;
– Magnetoterapia che stimola la produzione ossea;
– Rieducazione Motoria Attiva e Passiva.
Una fisioterapia efficace, in questi casi, dura dai 4 ai 6 mesi: va iniziata prima possibile, seguita costantemente ed accuratamente.
Da valutare, quindi i tempi di recupero. Auguriamo a Kristian una pronta guarigione.

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