Gli altoatesini nonostante l’uomo in più non riescono ad impensierire gli uomini di Mignani. Bisoli via da Bolzano?

Sulle sponde dell’Adriatico si giocava la semifinale fra le due neopromosse, Bari e Südtirol che, con budget ed ambizioni di piazza differenti, hanno compiuto entrambe un cammino importante, con i playoff raggiunti con meritocrazia.

I padroni di casa dovevano per forza vincere, mentre agli altoatesini sarebbe bastato anche un pareggio per raggiungere la finalissima.

Bari subito arrembante con quattro uomini offensivi dal 1′ minuto: Esposito, Cheddira, Bellomo e Morachioli. Bisoli si sistema con un modulo molto rinunciatario, provando dichiaratamente a non concedere spazi ai pugliesi, spinti da ben 53mila spettatori.

Primo tempo di esclusiva marca barese, con Cheddira che va vicino al gol in due occasionissime ma, la vera palla gol è per Vicari che di testa impegna per la prima (ed unica) volta Polizzi allo scadere del tempo. Sul ribaltamento di campo Curto sfrutta un retropassaggio poco convinto di Ricci, arrivando a tu per tu con Caprile, costringendo lo stesso difensore barese ad un fallo da ultimo uomo che lascia i padroni di casa in 10.

Si va così al riposo con il Südtirol in vantaggio psicologico e numerico, ma se a Bolzano Bisoli aveva azzeccato i cambi, a Bari va in tilt e non prova a sfruttare l’uomo in più e tenere il possesso palla. A discolpa del tecnico degli altoatesini, ci sarebbe da annotare, ad ogni buon conto, il condizionamento territoriale, la passione straripante dei tifosi di casa, la voglia matta dei galletti di strabiliare e scrivere, così, una delle più importanti pagine di storia del sodalizio barese. Bisoli in tilt – dicevamo – mentre Mignani azzecca tutto. A cominciare dai cambi che si rivelano vincenti. Con gli ingressi di Botta, Folorousho e soprattutto Benedetti, la partita cambia volto e – infatti – dopo solo due minuti Benedetti sfrutta una bella sponda di Folorunsho per affondare un tiro a fil di palo che non lascia scampo a Poluzzi.

foto Informazione.it

Bisoli ci prova a cambiare assetto con l’ingresso degli esterni offensivi Rover e Carretta, ma a parte un tiro di Tait ed un’occasione proprio di Carretta negli ultimi attimi non sortisce effetto.

Lascia perplesso il poco recupero concesso dall’arbitro nonostante la reiterata perdita di tempo dei giocatori baresi (vedi i crampi di Dorval che poi scatta a tutta fascia nemmeno un minuto dopo) e soprattutto la bruttissima “mossa” di coinvolgere i raccattapalle, con i bambini costretti a nascondere i palloni nel finale. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla ai fini del risultato, Bari meritatamente in finale a discapito di un Südtirol troppo rinunciatario. Ma a livello etico, umano e sportivo vedere certe scene lascia veramente amareggiati gli amanti del calcio e dei suoi valori. Ma ci sta, eccome se ci sta.

Si chiude così un campionato strepitoso quello giocato dal Südtirol, che è arrivata a sfiorare un sogno. Il risveglio non sarà sicuramente triste o amaro. Anzi lascia emozioni uniche in un gruppo e per un gruppo straordinario. Bisoli ieri ha lasciato intendere che il suo futuro a Bolzano non è così scontato. I tifosi lo rivorrebbero alla guida della squadra anche il prossimo anno, ma entrambe le parti sono perplesse sulla possibilità di ripetere una stagione come questa. È invece auspicabile un cambio di panchina che possa donare le medesime garanzie e consapevolezze portate a Bolzano dall’ex tecnico del Cosenza aggiungendo a queste un gioco molto più frizzante, divertente, propositivo e quindi coraggioso senza però fare voli pindarici e senza tralasciare l’obiettivo della salvezza che dev’essere necessariamente in cima alla lista dei desideri. Ad esser schietti la squadra barese ha meritato il passaggio del turno anche perché ha avuto molto più coraggio, molta più garra e molta più esperienza (in tutti i sensi vedi la storiella dei raccattapalle) rispetto ai biancorossi altoatesini che – di fatto – hanno dovuto issare bandiera bianca nonostante la l’uomo in più per 48 minuti.

foto La Repubblica

di Michele Fontana

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