di Giuseppe “Fossa” Criaco
La notte del Druso ci ha riservato un’atroce beffa finale: l’esclusione dai playoff con l’unico tiro in porta da parte del Sudtirol e perdipiù deviato in rete dal nostro capitano. Ma sebben sconfitta nel punteggio la squadra non esce battuta nella prestazione. Ed i 700 del Druso lo hanno compreso e dimostrato salutando la squadra a fine partita. Lo stesso dovrebbero fare i tifosi amaranto al rientro della squadra in città.

Non ha senso stasera dilungarsi in una fredda analisi del match che rievocherebbe solo “ricordi feriti” della partita. Ma adesso, qui e ora, è tempo di bilanci. Anche in una sera triste e amara come quella di oggi. Dove il ricordo di quel tiro di Casiraghi è come sale sulle ferite. E l’azione sciupata da Canotto oppure il palo, sempre di Canotto, erano segnali che stasera in terra altoatesina doveva concludersi la nostra avventura calcistica.
Adesso però l’enfasi e la retorica devono lasciare il posto alla fredda razionalità ed alla consapevolezza che questa squadra stasera ha dato tutto quello che aveva in corpo. Tanto o poco che fosse. E solo per questo bisogna solo dire grazie ai ragazzi. Dal canto suo Inzaghi non ha sbagliato nulla e solo una sanguinosa palla perduta da Canotto sul finire, ha generato l’azione del gol altoatesino. Ma stasera non cerchiamo colpevoli. Ma solo punti fermi da cui ripartire.
Io credo che stasera la prima cosa che la dirigenza e la società nelle sue figure cardine: il patron Saladini ed il Presidente Cardona debbano manifestare, senza riserva alcuna, debba essere la rinnovata fiducia per l’anno venturo al Mister. Le case si costruiscono dalle fondamenta, e l’allenatore è il pilastro principale per ripartire ed alzare quella “famosa asticella”.
Stasera, pur nella serata di massima amarezza della stagione, in cuor mio e di tutti i tifosi amaranto sono certo che brilla vivida la luce della fiducia per le diciassette vittorie che questa squadra ha saputo regalarci. Una squadra sballottata, costruita in fretta, preparata male, ed infine penalizzata. Ma che fino alla fine, anche stasera, ha lottato su ogni pallone, su ogni zolla o mattonella di terreno, su ogni punto che andava conquistato. E questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.
Errori commessi, tantissimi. Lo sappiamo, sbagli e distrazioni certamente, ma questo era l’anno zero lo sapevamo. Eravamo al buio a giugno. Cercavamo una via d’uscita, una proprietà credibile che si facesse carico delle macerie lasciate da gestioni sbagliate ed una legalità da rimettere al centro del progetto. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che nessuno era disposto a venirci in soccorso, mentre ogni giorno che passava rischiava di far sparire il calcio da Reggio Calabria. Ogni porta sembrava murata, ogni strada impercorribile. Ci dicevano che non esisteva un’uscita. Poi invece la realtà si concretizza in un progetto di un giovane imprenditore. Un refolo di speranza comincia a soffiare su Reggio e la Reggina e quel giorno al Santagata è ancora impresso nella memoria collettiva della città e della tifoseria. Un uomo, una sciarpa ed un banchetto. Null’altro. Poi via via si comincia a ricostruire. Parole come programmazione, trasparenza, entusiasmo, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità, diventano parole d’ordine quotidiane. Entrano a far parte del lessico quotidiano. Diventano un lessico “famigliare”, un Lessico amaranto.
E quelle parole lentamente hanno cominciato a portare luce e fiducia nel buio in cui eravamo piombati. Le abbiamo usate per esorcizzare ogni paura ed ogni timore di non farcela. Di rimanere prigionieri di un passato che non voleva passare. Ed oggi, stasera, sebbene sconfitti ed amareggiati, con gli occhi carichi di quel dolore sordo, per una beffa che non meritavamo, oggi siamo consapevoli di avere una squadra che ci ha portato fuori da quegli incubi di un anno fa. E ci ha regalato questo turno preliminare dei playoff. Una squadra, ed un pugno di ragazzi che hanno creduto in Mister Inzaghi. Altra “pietra di inciampo” imprenscindibile per quella ricostruzione tanto desiderata.
Quello che è successo a Reggio Calabria è stato qualcosa di incedibile dal punto di vista sportivo (con le sue diciassette vittorie) e rivoluzionario da un punto di vista societario. Sappiamo bene che ancora pende su questa società (e la sua definitiva consacrazione e credibilità) la spada di Damocle dell’omologa del Tribunale fallimentare di Reggio Calabria, ma sappiamo anche che stiamo percorrendo l’unica via possibile per ripartire, nella prossima stagione, ripuliti dalla zavorra debitoria del passato. Ed è normale avere qualche timore. E’ giusto avere paura (quando si ama qualcosa o qualcuno).
Adesso quello che conta è che società ed allenatore comprendano vicendevolmente che gli eventuali errori che pur ci sono stati nel corso della stagione non sono figli di inganni o doppiezza. Oppure peggio di spugne gettate. E tornino a sedersi attorno ad un tavolo e riprendano quel progetto tecnico, sportivo e societario, che aveva riacceso animi e ricordi. Riconoscendosi ancora gli uni nell’altro per riprendere quel percorso straordinario che solo per uno sfortunato episodio si è interrotto questa sera al Druso di Bolzano.
Da domani c’è una nuova Reggina da costruire, nuove sfide da affrontare (e vincere), nuovi traguardi da immaginare. Nuovi protagonisti da ricercare, nuove bandiere da srotolare, nuovi sogni da accarezzare. C’è un nuovo domani che ci aspetta. Ed io, voi, noi tutti dobbiamo farne parte.
Stasera questi ragazzi, però, ricordiamoli così.

Giuseppe “Fossa” Criaco







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