di Giuseppe “Fossa” Criaco
La REGGINA conquista la serie B sul campo. I Playoff (li raggiungerà) nelle aule dei Tribunali?
I tre punti conquistati ieri al Granillo contro il Como sanciscono la matematica permanenza della squadra amaranto nella cadetteria. Obiettivo minimo fissato lo scorso anno ad avvio stagione. Era questo il perimetro entro il quale avrebbero dovuto muoversi le ambizioni amaranto all’interno di quel piano triennale con il quale la nuova proprietà intende rilanciare la Reggina ai massimi traguardi calcistici nazionali.
Come siano andate le cose ormai è storia nota. Una cavalcata sportiva straordinaria condita da successi e prestazioni non preventivate e non preventivabili. Pomeriggi straordinari al Granillo, dove sono cadute compagini ben più quotate come Palermo e Genoa. Ben sei vittorie esterne (nel solo girone di andata) e Reggina sulle pagine di tutti i quotidiani grazie anche alla visibilità che Pippo Inzaghi in panchina garantiva.
Di straripante orgoglio per tutti il saluto conclusivo di Superpippo durante la trasmissione di Fabio Caressa su Sky: “io me ne torno ai miei venti gradi“. Era metà dicembre. Il regalo di Natale più bello per la citta e la tifoseria.
Poi il buio, con l’inizio del girone di ritorno. A gennaio qualcosa si rompe, di colpo, senza preavviso. Arriva la sconfitta casalinga con la Spal (ultima in classifica) e poi ancora a Bolzano e Palermo e poi altre e altre ancora. Intanto venti “di giustizia federale” soffiano sulla società con una squadra in debito di ossigeno e di fiducia. Un mercato di gennaio pressochè inutile. E le certezze del girone di andata sparite dalla testa di mister Inzaghi e degli stessi giocatori. Le galoppate di Rivas e Canotto e le magie di Menez, svaniscono, così come i gol di Fabbian. La tifoseria assiste attonita alla incomprensibile trasformazione sotto il fardello di nove sconfitte su undici partite. Ed in sovrappiù, tra aprile e maggio, arrivano due condanne che penalizzano di sette punti la Reggina estromettendola dalla zona playoff, comunque fino ad allora conquistata sul campo.
Però per chi sa leggere tra le righe le vicissitudini della vita, ieri al Granillo ha visto il riaccendersi di una flebile fiammella Avrà visto il delinearsi di un risveglio, un rimettersi in piedi. Faticosamente. Un rialzarsi dopo tante traversie che avrebbero mandato a picco qualunque “invincibile Armada” ma non il piccolo naviglio amaranto. E quella fiammella di orgoglio che brillava negli occhi degli unici in campo, quel rigurgito di volontà che ha fatto difendere il risultato fino alla fine, quell’abbraccio sentito e sofferto dopo il triplice fischio di ieri pomeriggio della squadra, di tutta la squadra, hanno un significato ben preciso: la Reggina 1914 non è una società in disarmo, la Reggina di Pippo Inzaghi non ha mollato. I capitani coraggiosi di questa avventura non hanno abbandonato la nave. Non oggi almeno.
Intanto gli ulteriori quattro punti di penalizzazione che il Tribunale Federale (in primo grado) ha inflitto alla Reggina hanno ripetuto il clichè (trito e ritrito) della autonomia degli ordinamenti settoriali in questo caso quello “sportivo”.
Evidente giungere a questa conclusione quando anche nelle determinazioni del 6 maggio la corte Federale afferma “in maniera autarchica o, peggio, corporativa” che “Lo Stato, in forza della sua supremazia ha facoltà di emanare norme di fonte primaria, di rango legislativo, mentre gli ordinamenti settoriali, in posizione sotto-ordinata, godono dell’autonomia consentita”.
Ignorando o fingendo di ignorare che anche le società calcistiche sono prima di tutto imprese commerciali. E come tutte le imprese commerciali, soprattutto per salvare posti di lavoro, hanno lo stesso diritto e la stessa facoltà di ricorrere a tutti gli strumenti che l’ordinamento statale mette loro a disposizione per “anticipare lo stato di crisi ed evitare un progressivo aggravamento”. Questo dice il legislatore. E il Presidente Balata e gli organi Federali devono farsene una ragione.
E poco contano le contraddizioni contenute nel dispositivo “penalizzante” che dapprima sostengono che “i ….. principi dell’ordinamento settoriale …..non possono essere disattesi o aggirati” e poi definiscono legittimo “l’ accesso della società Reggina 1914 s.r.l. ad uno degli strumenti previsti dal Codice della Crisi e l’Insolvenza,……. per l’omologa degli accordi di ristrutturazione e di transazione su crediti tributari e previdenziali ……con la finalità di dare continuità all’attività aziendale”.
Oppure quando affermano che “l’adesione a quello stesso strumento non può essere preso in considerazione……almeno sin quando non è emesso il provvedimento di omologa”
Perché a loro dire, “la citata disciplina statuale non è in grado di impedire o anche solo sospendere l’efficacia delle normative dell’ordinamento settoriale sportivo” rivestendo le norme sportive di una supremazia “specifica” in questo ambito anche rispetto all’ordinamento statale”.
Teorie che noi non condividiamo e che troviamo addirittura risibili quando l’affiliazione all’ordinamento sportivo viene addirittura equiparato “al novero dei rischi d’impresa connessi alla procedura prescelta”.
E volutamente tralasciamo dal commentare le conclusioni che vedono il “volontario ricorso allo strumento di superamento della crisi” come “una sorta di strumento premiale in grado di consentire al sodalizio di proseguire l’attività sportiva” addirittura sostenendo che “il campionato, ..ne risulterebbe inevitabilmente falsato”.
Insomma una ottusità corporativa che sicuramente trova la sua giustificazione nelle sicure brame e “lai” di molte società calcistiche della serie B che hanno intravisto, adesso, a fine stagione, nella crisi finanziaria della Reggina un ipotetico salvacondotto per giustificare i loro fallimenti o la loro incapacità di tenere testa ad una squadra che troppo frettolosamente già ad agosto avevano data per morta, prima ancora di celebrarne il suo funerale.
Oggi tutto questo ormai diventa irrilevante per la Reggina dopo i tre punti di ieri. Adesso spazio alla “fantasia” ed alle performance giuridico-legali del collegio difensivo della società amaranto.
E dite al Presidente Balata che “NO”, non ci basteranno due gradi di giudizio. Adesso a salvezza raggiunta potremo anche noi dire (davanti all’arbitrato del C.O.N.I) “ci sarà pure un giudice a Berlino”.
Che ascolterà le nostre ragioni.
Giuseppe “Fossa” Criaco






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