Da “rigore è quando arbitro fischia” a “rigore è quando arbitro guarda sul monitor“. Ovvero: tanti pesi e tantissime misure

di Giuseppe Criaco

Tempo fa lessi un meritorio articolo, su un settimanale dedicato al calcio minore, in cui il direttore responsabile della testata esortava gli arbitri ad accettare un confronto franco e sincero anche con la stampa. Ne avrebbero avuto tutti un beneficio, sosteneva, soprattutto i cronisti che così meglio potevano interpretare le decisioni arbitrali e talvolta apprendere (in punta di regolamento) i motivi di un rigore negato o di un gol annullato. Nessun dibattito ma solo, da parte del direttore di gara, di fornire delucidazioni tecniche. Insomma far tramontare definitivamente, in tempo di VAR, quel famoso detto “Rigore è quando arbitro fischia” con cui Vujadin Boskov nella sua antica saggezza, maturata in anni e anni di calcio senza frontiere, stoppava ogni emorragica polemica sui direttori di gara. E farlo diventare oggi “Rigore è dopo che arbitro guarda”. Ed anche nella giornata di campionato che si è chiusa ieri gli arbitri più volte hanno fatto sosta davanti al monitor Tv, a bordo campo, per le loro decisioni definitive. Solo che succede poi che in casi analoghi si determinano sanzioni diverse, che le mani non sono tutte uguali e che il “fatal” tocco passa ancora una volta sotto la fatidica “discrezionalità” dell’arbitro. Io capisco che l’osservatore o, peggio, il tifoso valuta l’arbitro con criteri e parametri completamente diversi da quanto viene poi fatto da loro organo tecnico come giustamente si sosteneva in quell’”editoriale”, ma rimane incomprensibile il fatto che due situazioni in area di rigore, assolutamente sovrapponibili vengano valutate dai rispettivi “referee” in maniera completamente diversa: calcio di rigore a Pisa al 1’ minuto di gioco, completamente ignorato quello di Reggio Calabria al 45’+3 del primo tempo. Difatti un tocco di mano da parte di Cistana del Brescia, su una carambola determinata da un guizzo del calciatore pisano Morutan, venga sanzionato immediatamente con la massima punizione dando un preciso indirizzo al match a favore dei toscani. Mentre al “Granillo” la stessa carambola, (identica anche come traiettoria e rimbalzo fortuito), che determina il “mani” di Mazzotta del Bari sul tocco di Cionek, è stata completamente ignorata dall’arbitro. E senza nemmeno l’ausilio di una conferma al monitor di bordo campo. Due casi speculari nella dinamica e nella casistica, ma valutati in maniera diversa. Inaccettabile. Meno controversa sembra essere stata, la vicenda, invece, del mancato intervento del direttore di gara a Genova, dove la palla è rimbalzata sul braccio del calciatore rossoblù dopo aver prima toccato il corpo dello stesso. Allora diventa fondamentale capire perché, comprendere dove una cosa è diversa rispetto ad un’altra, altrimenti si tenderà ancora a rimanere su piani diversi e pertanto a non poter mai confrontarsi con la serenità necessaria dandosi reciproca considerazione. Difatti sebbene tutti comprendono che un arbitro non può essere valutato per un rigore dato o negato, è anche di tutta evidenza che l’AIA, l’associazione di categoria delle ex giacchette nere, non può nemmeno pensare di essere una torre d’avorio inaccessibile. Diceva il vero quell’editoriale “è giunto il momento del confronto”. Anche perché, poi, quelle sfortunate coincidenze lasceranno inevitabilmente alla squadra soccombente un malcelato rammarico che non aiuta certo a stabilire quel clima di serenità e collaborazione da più parti auspicato all’inizio di ogni campionato, ma poi costantemente inficiato da queste situazioni di evidente danno ricevuto

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