Le scelte poco azzeccate di Lovisa e di tutto il Pordenone

Dopo tre campionati in cadetteria, il Pordenone ritorna ufficialmente in terza serie. Tre anni vissuti intensamente e con grande entusiasmo da tutto l’ambiente a cominciare dal vulcanico Presidente Lovisa. Il primo campionato di Serie B è stato epico: quarto posto e griglia playoff con la prevedibile sconfitta ad opera del Frosinone. Nel secondo arrivò una tranquilla salvezza con quel 15° posto che lo tenne lontano dai guai. Poi, durante il suo terzo campionato, una retrocessione amara che ha spento un sogno. Le colpe sono di tutti: dal Presidente ai dirigenti, dai giocatori agli allenatori che si sono succeduti e per finire la questione stadio. In questi anni il Pordenone ha dovuto emigrare prima a Trieste, poi a Udine e per ultimo nel piccolo campo sportivo di Lignano Sabbiadoro. Una questione politica annosa e insensata che ha danneggiato tutto l’ambiente: probabilmente uno stadio in città sarebbe stata la scelta più giusta e logica, per evitare continui e sacrificanti spostamenti in città lontane e per avvicinare la gente alla squadra di calcio in una regione dove, storicamente, lo sport principale resta il rugby. Il disamore degli esigui tifosi dei ramarri è in espansione e l’ultima spallata è una retrocessione annunciata dove – ripetiamo – tutti hanno sbagliato. A cominciare da Lovisa troppo sanguigno notevolmente focoso. O semplicemente troppo innamorato dei colori neroverdi. E – si sa – chi si fa trasportare dalle emozioni e dai sentimenti, è soggetto ad errori. Come allontanare troppo velocemente Massimo Paci e poi Massimo Rastelli dalla panchina per ingaggiare Bruno Tedino. Un errore imperdonabile da considerare come la barca con una falla in mezzo al mare destinata ad affondare. Saremmo tentati di parlare delle scelte del Direttore Sportivo, Emanuele Berrettoni, nonché del Responsabile del Settore Tecnico, Matteo Lovisa ma sarebbe meglio non addentrarsi in certi discorsi perché soggettivi. Ma esistono punti interrogativi che fanno storcere il naso. Si guardi, ad esempio, a Folorunsho e Ciceretti che non hanno reso fin dall’inizio e frettolosamente rimandati al Napoli o le chiamate di elementi senza esperienza come Iacoponi, Onisa, Perri, Anastasio o Mensah che ha giocato solo pochi spezzoni di gara. In certe cose – chi ha mangiato pane e pallone lo sa – non ci vuole solo la fortuna. Le opzioni devono essere frutto di appurata conoscenza e di grande, grandissima esperienza. E il Pordenone, quest’anno non ne ha azzeccata una che sia una. Come si dice in questi casi? Chi è cagione del suo mal, pianga se stesso. Per questo la società di Lovisa retrocede ritornando nell’inferno della Lega Pro dove, senza progetti validi e idee chiare, si corre il rischio di disperdersi nei meandri dell’anonimato.    

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